Il blog di Chiara Cecutti

Figli? No grazie. E neanche mi sento in colpa

Parlo spesso di figli nei miei scritti: i figli fanno parte della vita di molte donne e la mia è, e sempre sarà, una difesa a spada tratta di tutte quelle che desiderano una famiglia con prole, ma anche una carriera. Anche se ancora oggi per qualcuno dovrebbe essere riservato soltanto all’uomo il diritto di costruirsi un futuro professionale fuori dalle mura domestiche ed essere al tempo stesso felice e appagato in casa, in vacanza e nel tempo libero godendo della compagnia dei suoi pargoli, mentre la donna dovrebbe per forza scegliere tra bimbi e lavoro. Ma di questo, come dicevo, ho parlato, e sicuramente parlerò più volte. Oggi voglio invece trattare il tema dei figli, ma sotto un altro punto di vista.

La domanda è semplicemente questa: la donna che non ha figli è da considerarsi meno donna? E perché la donna che non vuole figli dovrebbe sentirsi in colpa e l’uomo no? A sentire qualcuno perché la donna sarebbe fatta principalmente per procreare. Io non ho figli, e non perché non ne abbia voluti, ma non per questo mi sento meno donna e non per questo sono incline a criticare o a giudicare le donne che di figli non ne vogliono proprio. Eppure ancora oggi la società protende verso la vecchia ipotesi, quella della donna “incompleta” se non diventa madre, come ad esempio descrive ironicamente e molto bene l’attrice e regista Michela Andreozzi nel suo libro Non me lo chiedete più. #Childfree, la libertà di non volere figli e non sentirsi in colpa (Harper Collins), con una netta distinzione tra Childfree, riferito alle donne che non vogliono figli, e Childless che riguarda invece le donne che li avrebbero voluti, ma che non ce l’hanno fatta.

Mi chiedo dunque perché in una società moderna, dove la donna è sempre più in carriera e le stesse aziende cominciano a riconoscere il suo diritto ad essere madre facilitandone il work-life balance, ci si debba ancora scandalizzare di una scelta di vita al femminile che non contempli la maternità, e si cerchi in tutti i modi di far sentire in colpa chi ha condiviso tale scelta. Massima solidarietà quindi alle Childless che nonostante i tanti sacrifici cui si sono sicuramente sottoposte non hanno raggiunto il loro obiettivo di diventare madri, ma altrettanta solidarietà alle Childfree che non provano alcun desiderio di farlo, sentendosi pienamente appagate da ciò che hanno, che siano un marito o un compagno, un lavoro o una missione, un cane o un gatto. Liberarsi di stereotipi e costrizioni sociali che vengono dalla notte dei tempi non può che far bene alle persone e al mondo in cui vivono. La felicità è qualcosa che viene da dentro, non un dogma da rispettare. E i sensi di colpa lasciamoli a chi non si comporta secondo i propri valori e agisce in modo incoerente con le proprie convinzioni.

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